L'oracolo predice a Laio, re di Tebe, che se un giorno avrà un figlio questi lo ucciderà e sposerà la madre. Sarà l’adempimento della maledizione lanciata contro di lui dal padre del giovane Crisippo, rapito dal re tempo prima. Da questo momento Laio rinuncia a qualsiasi contatto con la moglie Giocasta per evitare l’avverarsi della profezia. Delusa e scontenta di non poter accedere al ruolo materno che, solo, nell'antica Grecia conferiva qualche dignità alla donna e attribuendo alla mancanza di figli il rifiuto del marito, la regina ricorre allo stratagemma di farlo ubriacare e concepisce così il figlio Edipo, di cui però il padre decreta la morte. Dopo soli tre giorni dalla nascita lo consegna con le caviglie perforate alla moglie perché a sua volta comandi ad un pastore di abbandonarlo sul monte Citerone. Impietosito, il pastore regala il bimbo ad un servo del re di Corinto. Qui Edipo viene cresciuto con affetto dai sovrani della città. A questi era stato predetto che avrebbero avuto un figlio venuto dal cielo.
Un giorno però un commensale ubriaco rivela ad Edipo la maledizione che pesa su di lui. Sconvolto, per allontanarsi da coloro che crede i suoi genitori, Edipo abbandona la città. Sulla strada diTebe incontra il re Laio e lo uccide per un banale litigio senza conoscerne la vera identità. Giunto davanti alla città risolve con l'aiuto della sua intelligenza l'enigma posto dalla Sfinge e libera così i tebani dall'orrendo mostro. Per ricompensa essi lo eleggono re e gli donano in moglie la loro regina Giocasta. Dopo un lungo periodo di pace che segue all'unione incestuosa di Edipo con la madre e dalla quale nascono quattro figli, scoppia un'orribile pestilenza a Tebe che induce i cittadini a consultare l'oracolo. La risposta è che essa avrà fine quando sarà espulso dalla città l'uccisore di Laio. Inizia così la ricerca e per Edipo sarà come prendere lentamente coscienza, attraverso un lavoro paragonabile a quello analitico, della propria duplice colpa. Incapace di resistere alla mostruosità della colpa commessa, incapace di perdonarsi e perdonare ai genitori l’abbandono subito alla nascita, incapace di amore, Edipo si acceca e lascia la città accompagnato dalla figlia Antigone, mentre Giocasta si toglie la vita impiccandosi.
Con la pubblicazione, nel 1899, del volume L'INTERPRETAZIONE DEI SOGNI Freud parla per la prima volta del complesso rapporto tenuto dal bambino con i genitori nell'età compresa tra i due e i cinque anni. In seguito, in una sistemazione più chiara e più completa della teoria psicoanalitica e alla luce del materiale clinico sempre più ricco venuto in suo possesso, tale periodo di tempo verrà definito "fase edipica". Tale fase era ritenuta da Freud il nodo centrale della personalità di ogni individuo in quanto guida inconscia per tutte le scelte successive della vita adulta che si appoggiano sempre, almeno in un primo momento, al modello fornito dall'oggetto edipico. Nodo o nucleo centrale di ogni nevrosi nel caso che la fase edipica si trasformi in "complesso edipico", quando cioè l'oggetto d'amore parentale non venga più abbandonato, ma si nasconda dietro ogni innamoramento, rivelato solo da qualche particolare in alcuni casi poco appariscente.
Freud scopre il complesso edipico durante l'autoanalisi, quando a quarantadue anni, ancora sotto lo shock emotivo della morte del padre e della violenta crisi che ne era derivata, decide di rivedere, anche per ragioni scientifiche, la sua vita fin nei primi anni nell’infanzia. Era ben lontano dal prevedere ciò che in effetti lo attendeva: la scoperta del grande dramma umano, la tragedia che ogni cucciolo d'uomo deve vivere e attraversare per affermarsi come entità, individuo separato dal corpo materno non solo per la nascita biologica ma anche per quella psichica. Nei suoi scritti Freud non parla mai apertamente del suo complesso edipico, forse non definitivamente superato. Molti episodi della sua vita sono riportati nelle opere come appartenenti ad altri (pazienti o conoscenti). Tale scelta è comprensibile. Oggi, ad oltre un secolo di distanza dalla sua scoperta, il complesso edipico è divenuto un concetto culturale di dominio pubblico, ma per lo scienziato viennese riconoscere la rivalità e l'odio verso il padre e l'amore incestuoso verso la madre fu il varcare una frontiera che nessun essere umano aveva mai osato attraversare.
L'EDIPO RE di Sofocle ci dice che altri prima di lui si erano avvicinati alla verità nascosta nell'animo di ogni essere umano. Nessuno però l'aveva potuta riconoscere come propria. Gli antichi greci avevano celato sotto le spoglie del mito, sotto l'esecrazione e la condanna l'orrore di essere stati un tempo sposi della propria madre e assassini del proprio padre. Anche J. Breuer, durante la "cura parlata" di Anna O. Si era avvicinato all'inconscio della sua paziente, ma non aveva avuto la forza sufficiente per riconoscere nei sintomi isterici della giovane il desiderio rimosso ma sempre vivo che ella nutriva verso il padre. Grazie alle scoperte di Breuer, Freud poté mettere a punto il metodo delle libere associazioni che, applicato a se stesso nell'autoanalisi, lo porterà alla scoperta del complesso edipico. In una lettera a Fliess del 3 ottobre 1897 egli parla per la prima volta (in latino per superare l'orrore della scoperta) del desiderio che aveva provato verso la madre nell'età compresa tra i due anni e i due anni e mezzo, durante un viaggio da Lipsia a Vienna in cui dormì con lei e certamente ebbe occasione di vederla nuda. Circa un anno prima, in un'altra lettera, aveva raccontato all'amico un sogno che parlava del proprio senso di colpa verso il padre nascosto dietro al dolore provato per la sua morte.
Nell'INTERPRETAZIONE DEI SOGNI, nel capitolo dedicato ai sogni tipici, l'argomento viene reso pubblico per la prima volta. Ora però non siamo più di fronte ad una tragedia personale. L'autore ha colto il nesso con quella di Edipo, sa che le sofferenze dei suoi pazienti hanno origine nei desideri rimossi nell'infanzia e mai più abbandonati e che tale condizione è propria di tutti i bambini di una certa età. Egli nota che il desiderio di morte verso il genitore dello stesso sesso risale alla primissima infanzia e si manifesta nei sogni, camuffato in modo tale che la coscienza del sognatore non ne venga disturbata. Il potere che i genitori esercitano sui figli (economico quello del padre sul figlio maschio, sessuale quello della madre sulla femmina) non basta a spiegare questo desiderio di morte. In realtà già in precocissima età il maschio rivolge il suo desiderio sessuale alla madre, la femmina al padre per cui il genitore dello stesso sesso diventa un pericoloso e potente rivale che il bambino sogna di eliminare. La morte non ha per lui la stessa connotazione che per un adulto, semplicemente significa che la persona scomoda non c'é più. Negli adulti tale sentimento è rimosso e censurato da lungo tempo, ma non per questo è meno operante. Le barriere contro l'incesto erette durante l'epoca di latenza fanno sì che l'unico campo dove ora può esprimersi con una certa libertà è quello del sogno. I vari elementi vengono trasformati e adattati, i personaggi vestono altri panni e parlano un altro linguaggio, ma la tragedia è sempre la stessa.
Nel corso del suo lungo e fruttuoso lavoro scientifico la prima formulazione dell'Edipo fu rielaborata e approfondita da Freud, specie per quella parte che riguarda la bambina, sempre formulata in maniera molto vaga e sfumata, come lo stesso Freud ammetteva.
Nel periodo che va dai due ai cinque anni l’erotismo infantile assume in qualche modo il primato della zona genitale. Sia il maschietto che la femminuccia conoscono un solo organo genitale, quello maschile, il fallo (donde il nome di fase fallica assegnato a questo periodo, contraddistinto da una intensa curiosità ed esplorazione sessuale). Quando il maschio scopre i genitali femminili tende a negare tale realtà attribuendola ad una castrazione subita. Questa scoperta lo conferma nel timore che potrebbe anche lui subire la stessa sorte nel caso che insista nei suoi desideri incestuosi verso la madre o che continui nell'onanismo che ne consegue.
Tra la rinuncia al desiderio e la paura di perdere il pene, vince di solito l'interesse narcisistico di cui è investito quest’ultimo, per cui il bambino annulla o rimuove i desideri incestuosi. Il percorso seguito dalla bambina nel suo sviluppo psicosessuale è per Freud molto più contorto. Innanzi tutto egli rivede la posizione secondo la quale per la femmina il primo oggetto d'amore è il padre. Anch'essa vive una prima fase di amore attivo e di possesso verso la madre. La sua masturbazione è diretta al clitoride, considerato l’equivalente del pene nella femmina. Sarà proprio la scoperta e la conseguente intensa invidia verso quest'organo virile che indurrà la bimba al disprezzo verso il proprio minuscolo clitoride e verso il femminile in generale; incomincerà ad incolpare la madre di averla fatta nascere castrata e rivolgerà il suo amore al padre nella speranza di ottenere da lui un bambino. Non tutte le femmine compiono questo passaggio dalla madre al padre; molte restano ferme al precedente vincolo materno. Come pure di fronte alla scoperta del genitale maschile la bimba può rimanere ferma nella convinzione di essere anch’essa un maschio o di poter avere un giorno un pene (complesso di virilità o castrazione). Mentre dunque nel maschio la paura nell'evirazione lo induce ad uscire dalla fase edipica, nella femmina l’evirazione è la premessa per entrarci, per cui le manca poi un forte motivo per uscirne. È per questo motivo che il Superio femminile non è mai così rigido come quello maschile. Le pulsioni parziali associate alla fase fallica sono l'esibizionismo e il piacere di guardare, associate ad una intensa curiosità sessuale.
La situazione edipica fin qui descritta è quella comunemente detta “positiva”. Ad essa si associa un Edipo di tipo negativo. Il bambino, contemporaneamente al desiderio di penetrare la madre, desidera essere evirato e penetrato dal padre. Anche qui la paura della castrazione prevale sul desiderio. La bambina, oltre ad amare appassionatamente il padre, continua a desiderare di possedere la madre e a considerare un molesto rivale il padre. Dipende dall’intensità che assume una delle due forme se nelle nevrosi dell’età adulta sarà presente una maggiore o minore componente omosessuale, dichiarata o latente (che s i esprime principalmente attraverso i sogni o nelle fantasie masturbatorie).
Accettando la teoria freudiana sull'edipo, Antonio Mercurio fa però rispetto ad essa un passo all'indietro e uno in avanti. All'indietro, nel tempo, allorché va a ricercare nel periodo della simbiosi madre-figlio il germe della tragedia edipica; in avanti dando una soluzione terapeutica all'edipo ben diversa da quella proposta dalla psicoanalisi. Egli ritiene causa fondamentale dell'odio tra genitori e figli la profonda immaturità dei partners, immersi a loro volta in una simbiosi distruttiva per cui ognuno dei due vive l’altro come madre-possesso esclusivo che non può essere condiviso né donato ad alcuno.
Nei primi due anni di vita il bambino si trova immerso nella simbiosi con la madre per cui non sente il bisogno di possederla come essere di sesso diverso. I problemi iniziano quando il bimbo, vissuta in modo positivo la fase del possesso (in cui ha sentito l'amore materno quasi come un contenitore che gli ha fatto prendere coscienza del suo corpo in una prima identificazione) tende ad uscire dalla situazione preedipica. Se la madre vive il figlio come antidoto alla propria solitudine o come strumento, sostituto del pene che le manca, non permetterà al figlio il distacco. Se invece la madre è matura, sicura della propria situazione di coppia, gli permetterà di distaccarsi da lei per entrare nella fase edipica, epoca in cui il bambino vuole possedere dopo essere stato da lei posseduto. È questo un momento importante di crescita, dunque, che solo l'amore di genitori maturi e sicuri della coppia può permettere che si svolga in modo normale. La madre rinuncia a strumentalizzare il figlio, il padre evita di castrarlo sentendolo come un rivale pericoloso, e il figlio a sua volta, deve decidere di crescere affrontando la colpa insita nella situazione edipica invece di restare nella più comoda simbiosi con la madre, continuando ad ignorare il padre.
Anche la bambina ha bisogno di tutto l'amore di una madre matura per potersi staccare dalla simbiosi con lei. Sentendosi accettata come femmina dalla madre e non come una minaccia per la sua sicurezza o strumento di potere, la bambina si gode la madre finché ne ha bisogno per distaccarsene in seguito ed avvicinarsi al padre di cui sente il desiderio per l'attrazione naturale esistente tra i due sessi. Il passo in avanti di Antonio Mercurio rispetto a Freud riguarda la terapia di persone che sono rimaste legate a situazioni edipiche, rimosse nell’infanzia ma sempre operanti a livello inconscio.
L’analista freudiano si propone di portare alla luce il rimosso in modo che l'individuo possa rinunciare coscientemente al desiderio incestuoso sublimandolo in tenerezza o realizzandolo simbolicamente con una persona che rappresenti la madre. Molto diversa è la soluzione proposta dallo psicoterapeuta formatosi alla scuola della Sophianalisi. Egli non si limita a portare di nuovo a galla i desideri edipici rimossi, ma aiuta il paziente a riviverli consapevolmente, attraverso la sua partecipazione attiva alla terapia e alla sua capacità di amore che sorreggono il paziente durante il doloroso lavoro di introspezione. Allentati i freni superegoici, l'individuo può riconoscere attraverso le sue proiezioni i desideri infantili ormai tornati alla superficie della coscienza. Quello che, rimosso, non poteva esprimersi altro che con sintomi nevrotici, ormai appare alla luce del sole attraverso lo strumento del transfert nella situazione analitica. Il terapeuta aiuta allora il paziente a rivivere fino in fondo il parricidio e l'incesto, non più negandoli, ma assumendoli per potersi infine perdonare.
Il concetto di perdono è forse quello più originale nella teoria sophianalitica. Benché in un primo momento può sapere molto di confessionale e d'incenso , ad una lettura più attenta ci appare in tutta la sua bellezza. L'uomo è sì oggetto di determinismo psichico, incesto e parricidio sono scritti nel suo destino, ma quando la profezia si è avverata, Edipo può diventare soggetto di libertà. Egli ormai sa, sa a quale terribile destino era soggetto prima della nascita, sa quale grave colpa i suoi genitori hanno avuto verso di lui rifiutandolo come figlio dopo averlo generato, sa di aver ucciso il padre e sposato la madre. L’inconsapevolezza ha prodotto la tragedia, la consapevolezza avrebbe potuto evitarne il prosieguo se Edipo avesse attinto al proprio amore per sé e per gli altri la capacità di perdonarsi e perdonare, uscendo dalla spirale di odio e accettando la sua colpa come un momento necessario di distacco e di crescita.
Marthe Robert "LA RIVOLUZIONE PSICOANALITICA" - Boringhieri
Antonio Mercurio "AMORE E PERSONA" - Bulzoni Editore
Sigmund Freud "L’INTERPRETAZIONE DEI SOGNI" - Ed. Boringhieri
Sigmund Freud "LA VITA SESSUALE" - Ed. Boringhieri
Quaderni di Psicoterapia Analitica Esistenziale Vol. V – Terzo Congresso Nazionale di Psicoterapia Analitica
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